La Compartimentazione (CODIT)

Secondo Alex L. Shigo, uno dei più grandi personaggi del panorama scientifico moderno per ciò che riguarda le specie arboree, ricercatore e autore di innumerevoli pubblicazioni e universalmente riconosciuto come padre della moderna arboricoltura, “gli alberi isolano i tessuti danneggiati o infettati nel corso della loro esistenza formando una serie di barriere che impediscono la propagazione dei microorganismi invasori”.

Come si comportano quindi gli alberi con le ferite che gli procuriamo con le nostre potature?

Partiamo dal presupposto impossibile e improbabile che tutti eseguissero delle potature corrette (pura utopia), cosa farà l’albero per chiudere quelle ferite inferte dall’uomo (ma non solo) è ormai assodato: egli erigerà una serie di barriere a vari livelli tra la ferita e il suo “midollo”, la parte viva e vitale che muove nutrienti e linfe per sostentarsi e permanere su questa terra per secoli e secoli;

Lo scopo di tali barriere sarà primariamente quello di tenere lontani gli infestanti che tentano di entrare e colonizzarlo, successivamente tenderà a seccare e far morire, anche per non rendere più appetibile la parte esposta ai parassiti, il ramo o la branca danneggiata o tagliata via malamente, che verranno “espulsi” dal sistema e non facendone più parte non riceveranno nutrienti che andrebbero altrimenti sprecati.

Oltre a dimostrare ulteriormente che gli alberi non hanno assolutamente bisogno di noi neanche per le potature (e lo diciamo sempre andando contro i nostri stessi interessi), questo ci conduce al nostro MODUS OPERANDI, al perché e al come dovremmo e potremmo aiutare l’albero con la sua auto-potatura: quando per un motivo o per l’altro egli dovesse decidere di seccare un ramo ad esempio, lo stesso andrà incontro ad un lento ed inesorabile decadimento dovuto appunto alla mancanza di nutrienti, e questo porterà ad un certo punto alla rottura meccanica, ma NON nel punto migliore per se stesso: vediamo spesso corti moncherini spezzati che restano attaccati al fusto per anni, perché appunto il ramo tenderà a cedere in un certo modo e non subito a raso della branca che lo sosteneva per motivi meccanici, lasciando quindi un facile ingresso ai patogeni anche se l’esclusione dal sistema rende quel mozzicone molto poco appetibile, è quindi lì che dobbiamo intervenire noi con l’ausilio di affilati segacci a mano (e NON con le motoseghe!) per eliminare quella piccola parte rimanente e permettere all’organismo di chiudere in tempi sensibilmente minori la ferita.